Gaarawé l'ecovillaggio nelle foreste Thailandesi
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GAARAWÉ, L’ECOVILLAGGIO NELLA FORESTA THAILANDESE

Questa è una di quelle storie meravigliose che piacciono a me, un cambio di vita completo, lontano dal caos delle città e dallo stress della vita quotidiana. Ti parlerò di Gaarawé, l’ecovillaggio nella foresta Thailandese e di Emanuele Cerri classe 1968 che nel 2005 decide di partire per la misteriosa Thailandia. Innamoratosi di quella terra, poco dopo strappa il biglietto di ritorno e con i suoi ultimi risparmi apre prima uno poi un’altro bar.

I due bar ebbero un notevole successo ma al momento della vendita qualcosa andò storto. Parte del suo capitale andò perso grazie a persone e burocrazia che non sono poi tanto diversi da quelle del nostro paese. Ripulito di tutto, senza auto, cellulare e social network decide di partire in moto per inseguire il suo più grande sogno. Fondare una comunità in grado di vivere in simbiosi con Madre Terra. Oggi questo sogno si chiama Gaarawé Khao Sok l’ecovillaggio nella foresta Thailandese.

Scopriamo prima cos’è Gaarawé

Gaarawé è un albero ed un fiore, la seduzione che emana è l’invito che rivolgiamo agli ospiti e il benvenuto nel nostro nuovo mondo tutto da inventare. Emanuele crede che il fiore sia come l’eco-villaggio che costruendo giorno dopo giorno, ha bisogno di pazienza, tempo e perseveranza per apprezzarlo,  ma poi ti porta in un paradiso da sogno. Gaarawé, l’ecovillaggio nella foresta Thailandese è un progetto comunitario autosostenibile basato sulla “permacultura”. Stiamo cercando di vivere una vita in totale simbiosi con Madre Terra dice Emanuele. Nella zone di Khao Sok (Phanga – Surat Thani) il villaggio ha tutte le risorse necessarie per rendere possibile questa vita. Il sogno più grande sarebbe quello di ispirare gli altri a rispettare e proteggere la natura, in particolare i bambini che cresceranno qui, che saranno i giudici del nostro futuro.

Emanuele e il suo grande sogno

P’Lele così lo chiamano in Thailandia (Fratellone), desiderava costruire un luogo in cui il significato di vita si basi sull’amore e sulla simbiosi tra uomo e natura, che fosse indipendente dal sistema. Un villaggio basato sull’autosufficenza in termini di cibo, energia e acqua. Il progetto si spinge ancora più in là, l’idea sarebbe quella di creare una rete di villaggi, tutti autosufficenti, che collaborino tra di loro.

Emanuele va in canoa nel fiume e saluta con i pollici alzati

Tassello dopo tassello, l’ecovillaggio nella foresta cresce

All’inizio la terra dove oggi tutta la comunità coltiva non era stata coltivata per anni. Il terreno poco fertile quindi, non dava molti frutti. Con il tempo hanno costruito la strada, le linee elettriche e l’approvvigionamento idrico. Ora sono presenti molte capanne, un’area comune con cucina, molti giardini e alberi da frutto. Ogni giorno ciò che esce dal giardino viene mangiato dall’intera comunità, e in questi momenti la gioia e la soddisfazione non ha eguali. L’obiettivo è quello di ottenere l’autosufficienza al 100%. E’ molto ambizioso e può essere raggiunto solo con una vera rete di comunità che lavora insieme. Attualmente l’economia del villaggio dipende molto dai contributi dei volontari.

Vivere a pieno l’esperienza di vita in un ecovillaggio

Ora conosciamo Roisin, l’ultimo membro che si è unito al gruppo appena prima dello scoppiare della pandemia da CoronaVirus. Ho fatto a lei quattro semplici domande per conoscerla e per sapere il suo punto di vista sull’esperienza di vita a Gaarawé.

Cominciamo con una breve presentazione, chi è Roisin e cosa fa nella vita?

Sono nata a e cresciuta a Manchester, nel Regno Unito. Ho studiato a Leeds (laurea in lettere e scrittura creativa) poi a Edimburgo (master in politiche pubbliche) prima di trasferirmi a Pechino nel 2013 per insegnare inglese. Nel 2015 ero docente presso l’Università di lingua e cultura di Pechino e nel 2017 sono diventata giornalista per Xinhua: l’agenzia statale cinese per i media.

Cosa ti ha spinto a fare questa scelta di vita?

Nel 2019, la politica in Cina stava diventando sempre più insidiosa ed ho iniziato ad attirare l’attenzione sui media internazionali. La combinazione di pressioni all’interno e all’esterno della Cina è diventata insostenibile e ho lasciato il lavoro per tentare di viaggiare da Pechino a Melbourne, senza aerei. Quando il coronavirus ha colpito, ero in Thailandia e iniziavo a capire i danni che la vita di città ha non solo sull’ambiente ma sul singolo essere umano. Quando Lele mi ha offerto un posto a Gaarawe, mi è sembrata una buona opportunità.

Raccontaci una giornata tipo nell’ecovillaggio di Gaarawe e nella foresta Thailandese.

Non esiste una giornata tipica a Gaarawé nel modo in cui la maggior parte delle persone avrebbe nella vita quotidiana. Il giardino cambia con le stagioni e il numero di visitatori cambia il carico di lavoro e le esigenze stesse. Quando sono arrivata per la prima volta a gennaio eravamo una decina. Innaffiavamo il giardino prima di colazione, poi facevamo lavori di manutenzione in giardino (diserbo, semina, raccolta) o aiutavamo in cucina. Intorno alle 10 del mattino è troppo caldo per svolgere lavori quindi nuotavamo nel fiume, ci rilassavamo o uscivamo per esplorare la zona di Khao Sok fino alle 15:00, quando sarebbe diventato abbastanza fresco per lavorare di nuovo.

Durante il lockdown, abbiamo passato molto tempo semplicemente ammirando la natura: nuotando nel fiume o osservando le stelle per ore. Abbiamo smesso di consultare le notizie e ci siamo concentrati su ciò che potevamo controllare: il qui e ora. A quel tempo, c’erano molte persone bloccate nel villaggio che aiutavano in giardino, quindi gran parte del mio lavoro era tenere alto il morale. Ho preparato torte e servito cocktail buonissimi per i compleanni, abbiamo anche organizzato una festa karaoke, serate di cinema con il proiettore, e persino organizzato le Olimpiadi di Gaarawe. Era un periodo idilliaco. Ma a maggio appena le persone potevano nuovamente spostarsi sono tornate nei loro paesi d’origine.

A ottobre piove quasi tutti i giorni e non ci sono volontari. Le piogge rendono il diserbo un compito di Sisifo, quindi si lavora poco, ma un giardino incolto è semplicemente un giardino che ritorna alla natura.

In che modo la natura ha cambiato la tua vita e come può questo stile di vita aiutare le altre persone?

La natura non ha cambiato la mia vita. È una parte fondamentale dell’esistenza umana paragonabile all’aria o alla luce solare. Il nostro errore come specie è di considerarci in qualche modo separati dalla Natura, o peggio ancora, al di sopra di essa.

Poco più di un anno fa vivevo in una delle città più grandi e densamente popolate del pianeta. Mi lamentavo della grande agricoltura e degli allevamenti intensivi che distrugge le foreste pluviali con gli amici mentre cenavo con vino e formaggio pregiati. Ero e sono ancora – anche se meno adesso – un ipocrita. Ma va bene, siamo tutti ipocriti in una certa misura e la natura umana ha portato la nostra società globale a questo punto.

Quello che è certo è che sono un essere umano più felice e più sano. Mi sveglio al suono degli uccelli e dei gibboni, non del traffico e dei lavori in corso. Sono sbalordita dalla bellezza di ciò che mi circonda ogni giorno.

Anche se probabilmente non diventerò mai vegana né cancellerò i miei account sui social media, credo che questo apprezzamento del valore reale dei prodotti, arricchisca la mia comprensione del mondo e mi aiuti a prendere decisioni più consapevoli come consumatore e cittadino del mondo.

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